Leggenda raccontata nelle stalle in tempi lontani, quando a Dizzasco (Co) l’inverno era… inverno e il freddo gelava le ossa.
Il calore degli animali e la fiammella di un lume ad olio rendevano più sostenibile la vita dei bambini e dei loro nonni.
Si narra che un contadino, in un periodo di siccità, nel percorrere la strada acciottolata che portava da Biazzeno alla chiesa di Dizzasco, si fosse accorto che sul campanile era cresciuta una certa quantità di erba verde, sufficiente per ristorare il suo asino, compagno di lavoro e di fatiche.
Decise, perciò, di imbragare l’animale e di issarlo sul campanile.
Durante la salita, pensava: “ Varda ‘ma l’è cuntent!!!!!”, mentre il somaro si dimenava agitato e spalancava la sua bocca in una smorfia che pareva un sorriso.
“Al veet l’erba!!!” ripeteva fra sé, mentre tirava la corda sempre con più forza…
L’animale non riusci a mangiarla: non respirava più.
Ancora oggi, se passate da Via San Pietro e giungete alla chiesa di Dizzasco, alzando gli occhi verso la torre campanaria, vedrete che l’erba cresciuta aspetta…un asino che vola.