L’oratorio di S. Silvestro a Lura è in realtà composto da due chiesette contrapposte, sorte in epoche completamente diverse. Il primitivo edificio di epoca medievale (di cui restano tracce della parete Nord decorata con archi pensili) con abside rettangolare rivolta a Est, stando alle visite pastorali nel Seicento è stato munito di sacrestia e di copertura a volta ribassata (che verrà affrescata nel Settecento e che ha sostituito la precedente copertura a capriate lignee). Verso la fine del XVII secolo è stato eretto l’attuale campanile (terminato nel 1702): prima c’era un piccolo campanile a vela sopra il tetto. Alle fine del Settecento fu aggiunta di fatto una nuova chiesetta con orientamento opposto: il risultato è un nuovo edificio con abside e altare rivolti a Ovest, di cui la vecchia chiesetta (navatella e antica abside) costituisce ora un prolungamento verso Est della navata.
Non si tratta quindi di una chiesa a due absidi contrapposte quasi coeve (di cui esistono esempi anche in Italia) ma di un antico edificio ruotato di 180°; è presente anche una specie di “transetto” che sporge a Nord e a Sud, facente parte dell’edificio più recente.
Chi avesse il desiderio morboso di saperne di più sulle complesse fasi costruttive di questa chiesetta e avesse… finito i barbiturici, può sempre leggere il mio file PDF che ho messo nel mio sito Internet (www.lazzatim.net, sezione “Pubblicazioni”).
L’oratorio di S. Silvestro, privo di facciata e sicuramente sgraziato nell’aspetto architettonico finale, è invece pregevole per i dipinti conservati al suo interno.
Sulla parete di fondo di quella che anticamente era l’abside (a Est) si trovano tre cicli di dipinti quasi coevi tra loro: sulla lunetta superiore appare il Cristo in mandorla circondato dagli Evangelisti; al centro la Madonna del latte tra i SS. Silvestro e Antonio Abate (affresco datato e firmato da Andrea de magistris nel 1506); più sotto un abbastanza raro ciclo dei Mesi dell’anno (che prosegue sulla pareti laterali).
Tradizionalmente gli affreschi della lunetta sono stati considerati i più antichi a livello stilistico e per l’arcaicità dell’iconografia: gli Evangelisti non sono raffigurati con volto umano con a fianco i loro attributi (Angelo per Matteo, Leone per Marco, Bue per Luca e Aquila per Giovanni), bensì direttamente con la testa del proprio rispettivo attributo.
Così puro i Mesi sono stati ritenuti quattrocenteschi in quanto analoghe rappresentazioni (a Mesocco e in Valle Maggia), di per sé di tradizione medievale, sono datate alla seconda metà del XV secolo.
Tuttavia nei punti in cui gli affreschi di Lura si toccano, sembrerebbe evidente che gli intonaci della lunetta e dei Mesi si sovrappongano (e quindi siano posteriori) al dipinto centrale.
Quest’ultimo (che quindi parrebbe stratigraficamente il più antico) fortunatamente è firmato e datato con una scritta affrescata alla sua base, resa oggi ben visibile dai restauri del 1995; in passato veniva letta un’iscrizione più tarda, incompleta e graffita leggermente più in alto, che aveva ingannato gli studiosi, assegnando il dipinto a un certo Donato Galli che invece ne è soltanto il committente.
La scritta originale recita infatti: “Magister Donat(u)s fili(u)s q(uon)da(m) Andree del Galo fecit facere hoc op(u)s 1506 die 9 iunii Andreas De Magistris p(i)nx(it)”.
Cioè: “Il magistro Donato figlio del fu Andrea del Galo fece fare quest’opera. Il 9 giugno 1506 Andrea De Magistris dipinse”.
La presenza a fianco della Madonna del latte dei SS. Silvestro e Antonio Abate manifesta un’intenzione apotropaica (contro le malattie): Silvestro contro la lebbra e Antonio Abate contro il “fuoco di S. Antonio”; non per nulla nel 1634 furono aggiunti i due affreschi laterali con i SS. Sebastiano e Rocco, in genere invocati contro le pestilenze.
Ma eccoci all’imperatore Costantino, che ho citato nel titolo di questa pagina.
Sulla parete Nord del presbiterio c’è un dipinto più tardo che rappresenta S. Silvestro che battezza Costantino malato di lebbra. Secondo la leggenda, infatti, l’imperatore si sarebbe ammalato di lebbra e l’unica cura suggerita da medici e maghi era quella… di immergersi nel sangue di bambini innocenti! Fortunatamente a Costantino sarebbero comparsi in sogno i Santi Petro e Paolo che lo avrebbero invitato a chiamare papa Silvestro, il quale poi, battezzandolo, lo avrebbe guarito, salvando così la vita a tanti poveri bimbi.
Si tratta di pura leggenda, in quanto l’imperatore fu battezzato da Eusebio (vescovo di Cesarea e biografo dell’imperatore) soltanto sul letto di morte nel 337; tuttavia il fatto leggendario ha ispirato l’iconografia di molti dipinti cristiani.
Ma nella chiesetta di Lura c’è un altro riferimento (anche se indiretto) a Costantino: nell’abside del nuovo edificio, rivolta a Ovest, si trova una bella tela del 1801 di Rocco Comanedi di Cima, raffigurante la Gloria di S. Silvestro. Vi compare la scritta “In hoc signo vicit” (cioè “In questo segno vinse”), una chiara allusione alla cosiddetta “visione costantiniana”. Eusebio di Cesarea narra che il giorno prima della battaglia di Ponte Milvio del 312 (con la quale Costantino sconfisse il rivale Massenzio) l’imperatore avrebbe visto in cielo una croce con la scritta in greco “En touto nika” [in latino “In hoc (signo) vincas”], cioè “In questo (segno) vinci!”: un’esortazione alla vittoria, che poi la tradizione cristiana ha tramutato in “In hoc signo vinces”, cioè “In questo segno vincerai”, trasformando l’incitamento in una profezia divina.
Costantino non era cristiano (lo divenne solo sul letto di morte) ma lo fu sua madre Elena e lui stesso favorì sempre i cristiani, forse un po’ per convinzione ma soprattutto per opportunità politica: Eusebio di Cesarea dice giustamente che l’imperatore volle unificare l’impero e compattare l’esercito intorno a una nuova religione: il Cristianesimo.
Marco Lazzati