Per gli amici di Dizzasco il sentir parlare di “scagliola” deve risvegliare importanti ricordi.
Prima di tutto nel locale cimitero è sepolto un loro illustre compaesano: Domenico Inganni, pittore e scultore, che nel Novecento ha insegnato l’arte della scagliola e dello stucco lucido all’Accademia Reale di Stoccolma.
Non bisogna poi dimenticare che all’Invasione degli asini di qualche anno fa erano presenti a Dizzasco Graziella Battista e Luca Passini, mostrando alcune loro opere in scagliola e, soprattutto, spiegando “dal vivo” come esse vengono ottenute.
La stessa Graziella Battista ha poi tenuto una conferenza nella parrocchiale di Dizzasco dove ha illustrato la sua tesi di laurea riguardante un catalogo sistematico di tutte le scagliole intarsiate della Valle Intelvi: si può consultare questa tesi nel mio sito Internet (www.lazzatim.net, sezione “Pubblicazioni” / “testi di altri Autori”).
Numerosi poi sono gli studiosi che si sono occupati della scagliola intelvese, con testi che hanno privilegiato a volte la tecnica, altre volte l’interpretazione artistica; il catalogo della Battista, con la sua schedatura standardizzata di dati oggettivi (collocazione, misure, stato di conservazione, interpretazione iconografica basata su testi scientificamente accreditati), senza eccessivi “voli pindarici” e attribuzioni per nulla documentate, serve appunto come riferimento per precedenti e futuri studi.
Dizzasco vanta anche un piccolo “primato”: come Verna, possiede ben due scagliole firmate e datate. Si tratta di due opere di Giuseppe Molciani di Pellio Superiore del 1733 e del 1757.
Delle cinquantadue scagliole intarsiate presenti in Valle Intelvi, soltanto sei sono firmate: due a Verna (Petro Solari 1709 e Francesco Solari 1757), una a S.Fedele (G.B. Rapa 1741), una a Ramponio (G.B. Rapa 1711) e, appunto, le sopra nominate due di Dizzasco.
Rifacendosi ad antiche tecniche, la scagliola è rifiorita nel tardo XVI secolo in Austria, Germania, Emilia Romagna e Toscana, se pur con caratteristiche non identiche.
Gli Intelvesi ne divennero presto maestri e diffusori, soprattutto alla fine del XVII secolo e in quello successivo: ricordiamo in particolare i Solari di Verna, Rapa di Ramponio, Molciani di Pellio, Caprani di Laino, cui fecero eco i Pancaldi di Ascona (Lago Maggiore). In epoca più recente possiamo citare anche i Peduzzi di Pellio Inferiore, attivi soprattutto nel Bresciano, con manufatti sia in scagliola che in stucco lucido.
Il gesso-scagliola veniva impastato con acqua e piccole quantità di colla animale; al tutto si aggiungevano vari coloranti, ottenendo così impasti di diverso colore; questi impasti venivano poi lavorati in modo diverso a seconda del tipo di scagliola (“intarsiata” oppure “marmorizzata”) che si voleva ottenere.
Nella scagliola intarsiata (policroma), che imitava l’intarsio di marmo, un impasto di fondo (solitamente nero), una volta asciutto e lisciato, veniva inciso seguendo il disegno desiderato; poi i solchi erano riempiti con impasti di diverso colore. Dopo essiccazione si lucidava mediante le mitiche “sette pietre” abrasive con granulometria decrescente; quindi si stendeva olio di lino ben cotto e cera d’api per proteggere dall’umidità il manufatto che, essendo a base di gesso, la soffre moltissimo.
Nella scagliola finto marmo (marmorizzata), che imitava pannelli e colonne marmoree, nell’impasto di fondo ancora molle e della tinta del marmo da emulare, si inserivano impasti di diverso colore per simulare macchie e venature. Poi il tutto veniva applicato alla parete o alla colonna in muratura; una volta seccato l’impasto, si lucidava come sopra.
Per imitare il marmo si utilizzava anche una tecnica più rapida ed economica: lo stucco lucido, che se ben eseguito forniva comunque un buon risultato estetico. La superficie stuccata e lisciata veniva dipinta con colori a base di acqua e sapone a imitazione del marmo e quindi lucidata con un ferro caldo.
La scagliola intarsiata si distingue facilmente dall’intarsio marmoreo: al contrario di quest’ultimo che presenta livissime discontinuità tra un tassello e l’altro, la scagliola appare assolutamente liscia.
Lo stucco lucido si distingue invece dalla scagliola marmorizzata perché sono visibili i segni delle pennellate con cui è stato dipinto in superficie prima della lucidatura. Inoltre, mentre i rivestimenti clorati in scagliola hanno lo spessore di qualche millimetro, i colori dello stucco lucido sono solo superficiali: a una minima scalfittura appare subito lo stucco sottostante.
Marco Lazzati